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7Q5 il Vangelo di Marco a Qumran?

7Q5

Il Vangelo di Marco  a Qumran?

di Giuseppe Guarino

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misure effettive: cm 3,9 x 2,7

Il frammento di papiro qui sopra è il famosissimo 7Q5. Questa sigla sta ad indicare che questo è il manoscritto catalogato con il numero 5 e che è stato rinvenuto nella grotta di Qumran identificata con il numero 7. Proviene da un rotolo, scritto soltanto da una parte. L’altezza massima del frammento è di cm. 3,9. La larghezza massima cm. 2,7.

Nel 1972 l’eminente studioso José O’ Callaghan, ha identificato il testo greco contenuto in questo frammento come un brano del vangelo di Marco. Esattamente Marco 6:52-53.

Come sappiamo quella dei manoscritti nelle grotte di Qumran, avvenuta nel 1947, è senz’altro una delle più clamorose scoperte del XX secolo. L’importanza di questi testi è archeologica, storica ma soprattutto, in quanto interessa sia la comunità ebraica che quella cristiana, anche religiosa. Essi erano infatti i libri appartenuti ad una comunità religiosa ebraica esistita nei pressi del Mar Morto.

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La foto ritrae alcune grotte di Qumran

A Qumran furono riportati alla luce manoscritti rimasti intatti, nascosti prima della distruzione della comunità, avvenuta con l’invasione romana del 68 d.C. Tra gli altri sono stati rinvenuti rotoli ebraici dell’Antico Testamento di grandissima importanza che hanno fornito prove manoscritte di oltre mille anni più antiche di quelle fino ad allora disponibili. Non posso fare a meno di citare un meraviglioso dettaglio di questa scoperta. “Appena gli studiosi ebbero avuto l’opportunità di studiare il grande rotolo di Isaia proveniente dalla caverna 1 (1QIsa, copiato approssimativamente nell’anno 100 a.C.) e confrontarlo con il testo Masoretico, essi furono impressionati dai risultati. Nonostante il rotolo di Isaia fosse circa mille anni più antico della versione masoretica di Isaia, i due erano virtualmente identici ad eccezione di qualche dettaglio minore che raramente andava ad alterare il significato del testo… I risultati ottenuti dagli studi comparativi di questo tipo sono stati ripetuti per molti altri testi biblici rinvenuti a Qumran. La grande maggioranza dei nuovi rotoli appartengono alla stessa tradizione del testo Masoretico. Essi sono, comunque, più antichi di secoli e dimostrano così in maniera molto convincente quanto siano stati attenti gli scribi ebrei nel trasmettere quel testo negli anni.[1]

Personalmente ho studiato libri che affermavano con decisione che non vi erano tracce di testi del Nuovo Testamento fra i rotoli di Qumran. E così quindi credevo. Questo fino a quando mi sono imbattuto nell’avvincente resoconto degli studi di Carsten Peter Thiede che hanno confermato l’identificazione di 7Q5 come parte di un rotolo contenente il vangelo di Marco.

Tale identificazione era stata originariamente proposta da Josè O’Callaghan, il quale, nella stessa grotta n.7, identificò in alcuni frammenti porzioni dei libri del Nuovo Testamento: Atti, Romani, I Timoteo, Giacomo e 2 Pietro.

Ovviamente, ma non per motivi connessi alla papirologia, bensì ai preconcetti della critica che sostiene le datazioni tarde di diversi libri del Nuovo Testamento e dei vangeli, tale identificazione trova una certa resistenza del mondo degli studiosi.[2]

Thiede data 7Q5 intorno all’anno 50 d.C.

Alcuni non riescono ad essere così ottimisti circa l’antichità dei vangeli come noi li conosciamo; non quanto le testimonianze tradizionali della Chiesa. E’ ovvio che l’esistenza del vangelo in un periodo tanto antico, imporrebbe la revisione di certi capisaldi di una certa critica biblica. Cosa senz’altro scomoda. In tal senso, vale la pena citare lo studioso Ferdinand Rohrhirsch che considera la voce degli oppositori dell’attribuzione marciana, fra i quali il famoso Kurt Aland, come frutto più del pregiudizio che dell’osservazione scientifica.

“…l’ipotesi di O’ Callagan risulta ancora in piedi, mentre tutte le confutazioni fin qui tentate si sono dimostrate inconsistenti o scorrette.”[3]

Le varianti testuali di questo piccolo frammento sono tipiche dei papiri e sembrano confermare la sua antichità.

Marco 6:53.  La traduzione Nuova Riveduta: “Passati all’altra riva, vennero a Gennesaret e scesero a terra.”

Il testo originale: “Καὶ διαπεράσαντες ἦλθον ἐπὶ τὴν γῆν Γεννησαρὲτ καὶ προσωρμίσθησαν.”

Una peculiarità del frammento è il cambio della lettera iniziale nella parola “διαπεράσαντες” che diventa “τιαπεράσαντες”. Una variazione che supporta l’antichità del rotolo, visto che variazioni di questo genere sono state rinvenute in iscrizioni nella Gerusalemme del periodo di Erode.

Sorprendente è inoltre un’altra variante, l’omissione della precisazione “επὶ τὴν γην”, “verso la terra” individuata grazie alla sticometria, cioè al calcolo delle lettere che dovevano esservi sul manoscritto completo. Anche qui potremmo essere in presenza di un ulteriore indizio dell’antichità del manoscritto. Infatti tale precisazione “verso la terra di Gennesaret” sembrerebbe essersi resa necessaria solo dopo la distruzione romana del 70 d.C. visto che la città di Gennesaret non esisteva più ed era rimasto soltanto un lago con lo stesso nome.

Un’ulteriore prova dell’antichità di questo manoscritto è che si tratta di un rotolo, un papiro scritto soltanto da una parte, in recto, quindi, e senza verso. Thiede è certo che i libri del Nuovo Testamento furono originariamente scritti come rotoli e solo in un secondo tempo copiati in forma di codice, come sono giunti a noi nelle prove manoscritte che oggi possediamo.

Il testo in lingua greca è meglio visibile nel negativo qui sotto. Accanto trascrivo le lettere rinvenute nel frammento.

Le moderne tecniche hanno ulteriormente contribuito a riconoscere 7Q5 come un frammento di un rotolo contenente in origine il vangelo di Marco.

La Polizia scientifica israeliana interpellata da Thiede, è riuscita a provare con la sua tecnologia l’identità di una delle lettere controverse del manoscritto, la ni di Gennesaret. 

L’utilizzo dei computer ha permesso di indagare la letteratura greca disponibile alla ricerca delle 20 lettere che rinveniamo in questo frammento, ma senza altro risultato.

Il professor Dou, eminente matematico, ha così potuto concludere che le probabilità che questa sequenza di lettere possa rinvenirsi in un altro scritto è una su novecentomila milioni.

Il testo interessato è, come abbiamo già detto, Marco 6:52-53. Leggiamolo in italiano, dalla Nuova Riveduta: “perché non avevano capito il fatto dei pani, anzi il loro cuore era indurito. Passati all’altra riva, vennero a Gennesaret e scesero a terra.”

Ciò che è rilevante è l’accostamento delle due narrazioni. La prima che parla di Gesù che cammina sull’acqua e la seconda che ha luogo a Gennesaret. Ciò ad ulteriore sostegno dell’identificazione marciana.

Concludendo, allo stato attuale degli studi su 7Q5, possiamo affermare con tutta onestà di trovarci davanti alla prova manoscritta più antica disponibile del vangelo di Marco, risalente a circa l’anno 50 d.C. e di sicuro non più recente del 68 d.C.

NOTE

[1] James C. VanderKam, The Dead Sea Scrolls Today, pag. 126.

[2] La datazione dei libri del Nuovo Testamento è argomento di acceso dibattito fra gli studiosi. La tendenza è certamente contro le datazioni cosiddette tradizionali, che sostengono l’autorità apostolica dei libri del Nuovo Testamento e quindi la loro composizione nel periodo apostolico.

E’ famosa la scuola di pensiero che sosteneva che il vangelo di Giovanni fosse un prodotto del II secolo, per via della complessità della dottrina di questo scritto che non si riteneva possibile come prodotto della chiesa del I secolo. La scoperta di un papiro, il P52, datato di solito nel 125 d.C., ha confutato definitivamente, con prove oggettive, l’erroneità di tale teoria. Ed oggi l’idea tradizionale sulla composizione di questo vangelo sembra l’unica sostenibile in maniera efficace.

Sembra che se le teorie di O’Callaghan si rivelassero corrette, così come anche il lavoro di altri studiosi che si battono per una revisione della datazione di certi manoscritti del Nuovo Testamento, che loro sostengono essere molto più antichi di quanto creduto, le teorie tradizionali sulle date di composizione dei libri del Nuovo Testamento diventerebbero difficilmente attaccabili.

[3] Ferdinand Rohrhirsch è professore dell’università di Eichstatt. La citazione è tratta dal libro: Marco e il suo Vangelo, Atti del Convegno internazionale di Studi “Il vangelo di Marco”, Venezia, 30-31 maggio 1995, a cura di Lucio Cilia, pag. 121.

 

L’argomento è ampliato nel mio libro

7Q5  IL VANGELO A QUMRAN? di Giuseppe Guarino

E se fra i rotoli del Mar Morto vi fossero stati anche manoscritti del Nuovo Testamento? Qual è la testimonianza di Qumran sull’antichità degli scritti neotestamentari? Un affascinante viaggio fra antichi reperti archeologici e possibili identificazioni (proposte da José O’ Callaghan, Orsolina Montevecchi e Karsten Thiede) che confermano l’antichità ed attendibilità del Nuovo Testamento.

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7Q5: The New Testament and the Dead Sea Scrolls

 

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7Q5 The New Testament and the Dead Sea Scrolls by Giuseppe Guarino

The Dead Sea Scrolls were perhaps the most important manuscript finding of the twentieth century. 7Q5 is one of them: no 5 fragment in cave 7. It was in Greek.

The 18 papyri fragments of Cave 7 are visible in high definition quality on the official website:  www.deadseascrolls.org.il

Sometimes evidence of the past may be huge, majestic, like the Egyptian pyramids. Other times it is all hidden in small fragments of papyrus. Then it depends on man’s deductive ability to reveal the truths hidden in the surviving evidence. The latter is the case with the manuscript fragment called 7Q5 – which stands for relic 5 of cave 7 in the Qumran site. Many have tried to understand what 7Q5 actually bears witness to. I am sure many have spent sleepless nights trying to understand if it is possible to prove what was the content of the original complete manuscript – I am one of them. I felt the need to find answers to the puzzling questions that 7Q5 arises and share them with others.

7Q5 is 3.9 cm high and 2.7 cm wide

Papyrology can turn such a little piece of evidence into a powerful witness

from the book

Chapter 4

7Q5 AND THE GOSPEL OF MARK AMONG THE DEAD SEA SCROLLS?

 

The Greek papyri fragment here in the picture is called 7Q5. It was catalogued number 5 among those manuscripts found in Qumran cave number 7.

It was originally part of a scroll written on only one side (recto).

20 Greek letters are visible. 10 are damaged. They are distributed on five lines.

Its maximum height is 3.9 cm. Its larger part measures 2.7 cm.

The fragment was at the Rockfeller Museum in Jerusalem but now it is property of the Israelian Antiquities Authorities.

I give the official websites to the readers so that they can see for themselves the beautiful pictures of this and other Qumran manuscripts.

http://www.antiquities.org.il/

http://www.deadseascrolls.org.il/

http://www.deadseascrolls.org.il/explore-the-archive/search#q=site:’Qumran,_Cave_7′

In 1972 an article was published in the magazine “Biblica”, where the scholar José O’ Callaghan set forth his theory that the remaining letters visible in 7Q5 were originally part of a manuscript containing the Gospel of Mark. He identified the 20 letters as part of the text found in Mark 6:52-53.

If a Gospel is actually among the Dead Sea Scrolls, this will influence other branches of Bible studies dealing with the origin of the Gospels, their possible dates of composition, or even lead to reconsider the significance of the scrolls themselves.

Most books on the topic, if not all, make it clear that there is no evidence of New Testament writings in the Qumran caves.

This opinion is challenged by the studies of Professor Carsten Peter Thiede, whom with excitement and very plausible suggestions, convincingly reiterated and, to my opinion, demonstrated the identification of 7Q5 with the gospel of Mark proposed by O’ Callaghan.

If the possibility of Christian manuscripts in cave no. 7 has been so strongly refused, much is due to the preconceived minds relying on the results of the studies of scholars who believe that a relatively late date must be given to the books of the New Testament.

The dates of composition of the books of the New Testament has been long debated. There is no consensus among scholars of different factions. The “traditional” dating is not supported by the intellectual circles and a much later date is usually attributed to most New Testament writings. But if O’Callaghan and his followers are right, the “modern” or “liberal” theories should definitely be revised in light of the new archeological and papyrological discoveries.

In support of O’Callaghan’s identification is the recent independent work of other Bible scholars which has led them to consider – or reconsider – the books of the New Testament to have been written at an earlier age than that believed and argued by most credited scholars.

In fact, it is not easy for some to be optimistic about the antiquity of the Gospels as we know them, notwithstanding the ancient witness of the Church for the antiquity and apostolic origin of the Christian Scriptures.

Ferdinand Rohrhirsch, professor at the University of Eichstatt, thinks and openly states that the voice of the opponents to the attribution of 7Q5, among whom is the credited textual critic Kurt Aland, is the result of prejudice and not of scientific observation: “…the hypothesis of O’ Callaghan is still standing, while all the refutations so far attempted have proven to be inconsistent or wrong.” Marco e il suo Vangelo, Atti del Convegno internazionale di Studi “Il vangelo di Marco”, Venezia, 30-31 may 1995, edited by Lucio Cilia, pag. 121.