Il testo dell’Antico Testamento

Il testo dell’Antico Testamento

La domanda che sorge spontanea dopo avere considerato l’antichità dell’Antico Testamento è: come sono giunti fino a noi questi scritti?

Non è una domanda alla quale si può rispondere con semplicità, visto che la prima edizione stampata dell’Antico Testamento è stata prodotta solo nel 1488 d.C. a Soncino, in Italia: 3000 anni dopo la composizione del Pentateuco, 2000 anni dopo la chiusura del canone dell’Antico Testamento.

Prima di quel periodo, l’Antico Testamento venne trasmesso da una generazione all’altra copiandolo in manoscritti.

Non è difficile immaginare che subito dopo che i libri sacri furono composti, si cominciarono a fare delle copie, così che questi fossero diffusi. Quando le copie più vecchie sono state rovinate dall’uso, furono rimpiazzate da delle nuove.

Il testo che abbiamo oggi è ricavato dall’esame degli antichi manoscritti esistenti. Il processo di raccolta, comparazione ed edizione dei testi antichi è compito della cosiddetta critica testuale, che, ovviamente, non riguarda solo la Bibbia, ma tutti i libri composti prima dell’invenzione della stampa.

Ma quanto è affidabile il processo di copiatura per poter sostenere che il testo che è oggi in nostro possesso è virtualmente uguale a quello originale?

Abbiamo già visto cosa diceva lo storico giudeo Giuseppe Flavio sulla considerazione di cui gli scritti sacri godevano nella nazione ebraica. Ebbene, le prove manoscritte a nostra disposizione sembrano proprio dargli ragione.

Nessun altro libro mostra come l’Antico Testamento una tale accuratezza nella maniera in cui vengono riportati i nomi degli antichi re.

“Vi sono ventinove re antichi i cui nomi menzionati non solo nella Bibbia ma anche in monumenti del loro tempo; molti di loro prodotti sotto la loro supervisione. Vi sono 195 consonanti in questi 19 nomi propri. Ancora, troviamo che nei documenti dell’Antico Testamento ebraico vi sono solo due o tre fra le 195 delle quali vi può essere dubbio circa il loro essere la riproduzione fedele di quello che era iscritto sui monumenti. Alcuni di questi vanno indietro fino a 2000 anni fa, altri 400; e sono scritti in tal modo che ogni lettera sia chiara e corretta. Questo è certamente sorprendente”. “Which Bible”, edito da David O. Fuller, pag.45

Ciò a dimostrazione di due cose:

  • Gli autori dei libri erano contemporanei dei tempi nei quali mostrano di avere scritto, mostrando il loro estremo sforzo per una maggiore accuratezza.
  • La attenta copiatura di tali dettagli minori come i nomi propri di antichi re, ci permette di supporre la più estrema cura durante il processo di copiatura in genere, divenendo un chiaro indizio dal quale possiamo dedurre l’affidabilità della tradizione manoscritta.

“Che i nomi ci siano stati trasmessi attraverso così tante copiature e così tanti secoli in uno stato di così completa preservazione è un fenomeno senza uguali nella storia della letteratura”, ibid, pag.55.

Dio stava prendendosi cura affinché il testo della Bibbia giungesse fino a noi nella maniera più fedele possibile all’originale e lo faceva attraverso la fedeltà del suo popolo nell’attendere al compito di custodi della Parola di Dio.

Scriveva Paolo:

“Qual è dunque il vantaggio del Giudeo? O qual è la utilità della circoncisione? Grande per ogni maniera; prima di tutto, perché a loro furono affidati gli oracoli di Dio.”

(Romani 3:1-2)

Per quanto riguarda le testimonianze dirette al testo dell’Antico Testamento giunte dal passato, dobbiamo evidenziare che per molti anni, secoli addirittura, sono stati disponibili pochissimi manoscritti e di data relativamente recente.

Per citare i più importanti:

Nome e categoria Data Contenuto
Codice Aleppo 925 d.C. Antico Testamento escluso il Pentateuco
Codice di Leningrado – L 1008 d.C. Tutto l’Antico Testamento
British Museum 4445 – B 925 d.C. Quasi tutto il Pentateuco
Codice del Cairo – C 986 d.C. I libri dei profeti

Questi manoscritti rappresentano il testo cosiddetto Masoretico, quello utilizzato già dai traduttori della Bibbia del diciassettesimo secolo, per la King James Version inglese del 1611 o la Diodati, 1607-1649. 

L’alfabeto ebraico, come per altre lingue semitiche, non contemplava le vocali. Ciò con il trascorrere degli anni, divenuti persino secoli, comprometteva la corretta pronuncia di certi vocaboli. Su tutti valga l’esempio del cosiddetto Tetragramma, YHWH, contenente il nome rivelato da Mosè a Dio, del quale nessuno conosce la pronuncia, visto che, per eccessivo rispetto, gli ebrei quando incontrano il Nome di Dio, leggono Adonai, cioè “Signore” in ebraico. I masoreti furono degli studiosi ebrei che fissarono le vocali del testo dell’Antico Testamento in forma scritta, tramite dei segni convenzionali che aggiunsero alle consonanti del testo. Proprio sul Tetragramma essi inserirono le vocali della parola Adonai. Dall’unione di queste due parole YHWH e ADONAI venne fuori l’inglese Jehovah, che nella King James Version troviamo per la prima volta in Genesi 22:14 e l’italianizzato Geova. Dalla sublimazione di questa cattiva pronuncia e dell’importanza del nome di Dio (a discapito pure del semplice fatto che non sappiamo nemmeno come si pronunciasse davvero!) nasce il famoso movimento dei Testimoni di Geova. 

I Masoreti annotarono anche gli accenti e svilupparono un sistema di note e si curarono che copie fedeli venissero prodotte.

A causa della datazione relativamente recente dei testimoni del testo Masoretico, questo veniva sottovalutato da diversi studiosi. La scoperta nel 1947 dei cosiddetti Rotoli del Mar Morto, però, aprì nuove porte per una migliore comprensione della storia della trasmissione dell’Antico Testamento. A cominciare da quell’anno e in quelli seguenti, in prossimità del sito di Qumram, furono ritrovati, in undici grotte, dei manoscritti della Bibbia ebraica datati fra il II a.C. ed il I secolo d.C. Questa meravigliosa scoperta portò indietro nel tempo la testimonianza al testo dell’Antico Testamento di oltre 1000 anni.

In particolare, fu ritrovata una stupenda copia completa del libro del profeta Isaia, risalente al II sec. a.C. – qui in foto.

Isaia

Del significato di una tale incredibile scoperta per la conferma del testo dell’Antico Testamento parla Ellis R. Brotzman: “Le cospicue differenze nell’ortografia e nelle forme grammaticali fra il manoscritto di S. Marco e il testo Masoretico rende il loro accordo sostanziale nelle parole del testo ancora più rimarchevole…E’ da meravigliarsi che dopo qualcosa come 1000 anni il testo è andato soggetto a così poche alterazioni”, Ellis R. Brotzman, Old Testament Textual Criticism, pag. 95.

Le piccole differenze nell’ortografia dimostrano che i documenti provengono da fonti diverse ed indipendenti e ciò rende il loro accordo più significativo e la loro testimonianza più affidabile.

Il testo dell’Antico Testamento è stato confermato – almeno per quanto concerne le ricerche storiche.

Con gli occhi della fede, non c’è mai stato alcun dubbio che la mano di Dio si fosse presa cura della Sua Parola, perché è chiaro che non avrebbe avuto alcun senso ispirare un testo che poi sarebbe andato perduto durante il suo tragitto nella storia. Dio stesso ha preservato ciò che ha ispirato: lo crediamo per fede, oggi lo confermano le evidenze storiche-archeologiche.

Per dirlo con le parole di Gesù:

poiché io vi dico in verità che finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà, che tutto non sia adempiuto.

(Matteo 5:18)

 

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